featured image

Giovani e violenze, quanto c'entra l'odio social

DA IL MATTINO

Il bilancio dell’ultimo fine settimana in termini di violenza giovanile è drammatico nel Sannio. Un ragazzo di 17 anni lotta tra la vita e la morte all’ospedale San Pio e altri quattro 20enni, con l’accusa di tentato omicidio, sono reclusi nel carcere di Capodimonte. I quattro sono accusati di aver pestato selvaggiamente, con una mazza da baseball, la vittima all’esterno di un locale di Montesarchio, in esecuzione di una sorta di spedizione punitiva. Perchè? Per niente. Avevano litigato il giorno prima e i quattro ragazzi (più molti altri corresponsabili in corso di identificazione), seguendo l’esempio di quanto vedono sui social ogni giorno, hanno pensato che era il caso di punire il colpevole. Gli assurdi vendicatori sono giovani come i nostri figli, cresciuti in famiglie normalissime, ma nutriti senza alcuna consapevolezza dal web. Un web che fa credere loro che quella violenza dei video postati ogni secondo (gente che si picchia, che si uccide, che fa violenze sessuali di gruppo, che pesta altra gente con ragazzi minorenni a riprendere tutto) sia virtuale e non reale. Tanto che poi la trasferiscono nei loro comportamenti di ogni giorno, senza distinguere più tra realtà e perversa fantasia digitale. Ma la cosa più grave è che mentre la violenza passa dal virtuale al reale, l’indignazione di chi condanna o il dispiacere e la «vicinanza» di tutti gli altri genitori, restano nel virtuale, non si trasferiscono più nel mondo che ci circonda. Noi tutti diventiamo spettatori inerti e, per lavarci la coscienza, autori solo di altrettanti post inutili, anche questi affidati ai social.