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DIARIO DI VIAGGIO: Come il pianista sull'Oceano

Il treno è una dimensione a parte. Il discorso lo si comprende quando capita, come è accaduto a me, di usufruire di questo mezzo di trasporto tutti i giorni, addirittura due volte al giorno. In apparenza può sembrare che il treno sia il luogo degli incontri occasionali. Una persona te la ritrovi per caso al posto accanto, le parli poi non la vedi più per il resto della vita. Se sei un pendolare non è così. Inizi a far parte di una comunità e finisci con l'incontrare spesso le stesse persone.

Io, ad esempio, sto sviluppando la sindrome del “pianista sull'Oceano”. Ve lo ricordate il film di Novecento, con la regia di Tornatore e la musica di Morricone? Lui, il pianista, suona su una nave che unisce l'Europa agli Usa e non scende mai da quella nave. Alla fine conosce tutti e tutti conoscono lui.

Io, i primi sintomi della “sindrome del pianista” li ho avvertiti quando i controllori hanno iniziato ad ignorarmi durante la verifica dei biglietti. Li vedevo avvicinarsi e rivolgersi con la consueta cortesia ai passeggeri: “Biglietti prego”. Io mi preparavo, con la videata del telefonino pronta ad essere esibita. Diciamocelo, quando uno sul treno ce l'ha il biglietto, è una piccola soddisfazione farlo vedere (con quello che te lo fanno pagare). Ma quando il controllore si avvicinava a me, mi ignorava completamente. Chiedeva il biglietto al passeggero affianco a me, a quello prima di me, a quello dopo: e a me niente. Sulle prime non ci pensavo più di tanto ma poi la cosa ha iniziato ad insospettirmi. Ho anche provato a darmi qualche pizzicotto per dimostrare a me stesso la mia esistenza in vita. Poi ho rotto gli indugi. Ho preso in disparte l'ennesimo controllore che mi ignorava e gli ho chiesto ragione dell'affronto. Perchè solo io non potevo mostrare il biglietto (nel mio caso l'abbonamento)?

“Ma noi la conosciamo, la vediamo ogni giorno. Lei è il signore della bicicletta...Una volta visto il suo abbonamento ce lo ricordiamo. E' il nostro lavoro...”. Già perchè, come vedete nella foto, io viaggio con una bici pieghevole e sono facilmente individuabile e riconoscibile. Come il pianista sull'oceano, solo che lui aveva il pianoforte! Era quindi la mia amata bici a condannarmi all'indifferenza? L'ho temuto, ma poi ho avuto un consulto sulla “sindrome” con una capotreno che mi ha tranquillizzato: “Ma no, non la riconosciamo solo dalla bici. Ci faccia caso, noi abbiamo divisa e cappello, ma voi avete tutti un segno distintivo. Vede, quel signore porta sempre una borsa enorme, quell'altro usa un cappello per coprirsi gli occhi e dormire, quella signora è sempre a digitare con il telefonino”. Uaoo, ho verificato nei viaggi successivi, la capotreno aveva ragione.

Ma l'altro giorno, mentre ero sul binario e si avvicinava il treno ad Alta Velocità, il conducente dal vetro fumè, prima di arrestare il convoglio, mi ha sorriso e salutato con una mano. E io ho temuto che aprisse la porta della motrice per farmi accomodare affianco a lui. Noooo, sto peggiorando, la sindrome del “pianista sull'oceano” si sta impadronendo di me.

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Un treno trasporta varia umanità, me compreso, che quasi quotidianamente copro il tragitto Caserta-Benevento-Caserta. Due volte al giorno, solo 45 minuti con l'Alta velocità in genere (ma tra ritardi, rallentamenti, stop forzati, i tempi non sono mai tali). Questo Diario di viaggio vuole raccontare di tale umanità. E il tutto è lasciato al caso perchè, ogni volta, ho un numero di prenotazione che mi assegna questo o quel compagno di viaggio. In fondo un treno e solo un mezzo per un viaggio nel viaggio: la vita.