featured image

I social movente della violenza dei ragazzi: bisogna educare al web

A Milano cinque ragazzi si sono accaniti a calci pugni e coltellate contro un altro giovane che ora rischia di rimanere paralizzato. Si è detto per portargli via 50 euro, ma dire questo equivale a dire che lo starnuto è l'origine del raffreddore, non un suo effetto. I ragazzi violentano, aggreddiscono, uccidono senza movente. Trascorrono 8-9 al giorno (notte compresa) davanti ad un video e sono completamente rimbambiti, non distinguono più il virtuale dal reale. Vivono solo il virtuale e trasferiscono il reale nel mondo in cui loro, senza sforzo, senza studio, senza rispetto, senza doveri, ma solo diritti si sentono forti. Sviluppano come virtù la vigliaccheria, ossia l'appartenenza ad un branco che gli dà la possibilità in dieci, quindici, tutti insieme, di massacrare un coetaneo, molestare o violentare una ragazza. Cosa si può fare oltre a reagire con inutili commenti sui social che condannano questi gesti? Magari introdurre nelle scuole una materia ormai necessaria: l'educazione al web. Perchè tutti i ragazzi trogloditi di Milano andavano a scuola, erano pure bravi a scuola, ma quella scuola non gli insegna l'uso consapevole dello smartphone, non gli insegna i rischi e le opportunità del web, non gli insegna il valore delle emozioni vissute guardando in faccia le persone e non attraverso uno schermo. La verità è che la scuola, ossia il nostro principale sistema educativo (perchè la famiglia purtroppo non riesce a fare molto), è rimasta indietro anni luce rispetto al mondo giovanile. Le materie dei programmi scolastici sono importanti ma, di fronte a ragazzi che non prenderanno mai un libro in mano, bensì unicamente lo smartphone, è dallo smartphone che bisogna ripartire per educare.